Da sempre il mio lavoro è incentrato su due elementi:
- L’ascolto del cliente
Ho un taccuino, di quelli che gli architetti portano sempre con sé. Ci annoto, per ogni progetto che inizia, le sensazioni, le idee, i riferimenti, ma soprattutto i sogni e i bi-sogni delle persone che chiedono il mio aiuto. L’ho riaperto e ho preso solo le parti in cui annotavo le “richieste”.
Messe insieme, per quanto sembrassero diverse, potevano essere ricondotte ad un’unica parola comune:
#comfort.
E’ normale, direte, perché per quanto siamo fuori tutto il giorno per viaggi o per lavoro, la casa è l’utero a cui prima o poi ritorniamo, per farci accogliere e coccolare per riprenderci dalle fatiche.
Ma spesso, il normale diventa straordinario, mentre la normalità diventa una casa che anziché madre è matrigna, una macchina senza controllo che ci si rivolta contro; in poche parole, parafrasando Donald A. Norman essa diventa “la casa del masochista”.
- Una passione personale
Al secondo anno di Università fui messa di fronte alla scelta del piano di studi e da allora è iniziato un interesse che negli anni, per quanto variegate siano state le esperienze fatte, è diventata una passione che non mi ha mai abbandonato.
Si tratta dell’
#architetturasostenibile
Negli ultimi anni si è diffusa maggiormente l’attenzione per questo tipo di architettura, forse perché tutti, chi più chi meno, abbiamo iniziato a preoccuparci di quello che mangiamo, indossiamo, di come ci spostiamo e allora, mentre le nostre città si riempiono di negozietti e supermercati bio, anche gli spazi che viviamo cominciano ad accogliere oggetti, elementi, soluzioni GREEN.
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